Nella seconda metà dell’ ottocento, l’ Europa fu aggredita dall’ arrivo di un parassita americano, la fillossera, che minacciò la sopravvivenza dell’ intero patrimonio vinicolo.
Gli impedimenti naturali che rendevano l’attecchimento della fillossera, erano e sono: elevate altitudini dei vigneti (notevoli sbalzi termici rendono difficile la sopravvivenza all’insetto); terreni sabbiosi o argillosi che impediscono alla fillossera di potersi muovere con facilità; ristagni d’acqua, visto che l’ insetto non sopravvive in acqua.
Ma queste soluzioni non erano definitive e non sempre applicabili poichè compromettevano la sopravvivenza dei vigneti stessi.
Per evitare lo sterminio totale della viticoltura continentale, allora, si decise di innestare la vita europea (vitis vinifera) con quella americana che sembrava resistere all’ attacco del parassita.
Da allora la moggior parte delle viti sono frutto di questo innesto. Tuttavia, esistono vitigni non innestati in cui radici e fusto sono di un’ unica pianta: le viti a piede franco.
Oggi sono presenti in numero limitato sul territorio europeo, (alcune zone del Cile e delle Canarie) e di solito si tratta di esemplari centenari (prephylloxera) sopravvissuti all’afide o di piante giovani che non hanno la necessità di essere innestate per particolari caratteristiche del suolo: come nel caso dei terreni sabbiosi e vulcanici.
Vini da viti a piede franco sono prodotti nelle aree di Ravenna con il vitigno Fortana o in Sardegna come nel caso della Malvasia di Bosa, della Vernaccia di Oristano, del Carignano e del Cannonau. Anche in Valle d’Aosta esistono vigneti non innestati, come il Prié Blanc. Anche i suoli vulcanici etnei permettono di ottenere grandi rossi da vitigni autoctoni non innestati come il Nerello Mascalase.
I vini prodotti da uve di viti a piede franco o prephylloxera, possono essere vini più eleganti, con sentori di mineralità più marcata, dei profumi più complessi e tannini fini.
